Le società di credito arrivano a prendere in considerazione persino la località da cui ricevono la richieste telematiche ai fini di una risposta positiva o meno a una richiesta di finanziamento.
Non hai amici su Facebook o follower su Twitter? Niente prestiti!
La notizia arriva e rappresenta l'ultimo trend in voga ultimamente negli Stati Uniti: sempre più istituti di credito si avvalgono dei social network per verificare la credibilità dei propri potenziali clienti, valutare le loro capacità finanziarie, sondarne la capacità di solvibilità in caso di mutuo.
Le società adottano sistemi atti allo studio dei dati on line al fine di stabilire il rischio di solvibilità del cliente e le diverse informazioni raccolte in rete relative a localizzazione geografica, ai famosi "mi piace" di Facebook, alle amicizie e ai post, alle applicazioni installate e agli acquisti effettuati online, vengono analizzate e rielaborate in tempo reale e definite tramite un punteggio, utile alla decisione favorevole o sfavorevole in relazione alla richiesta di prestito inoltrata da un cliente.
Quando una richiesta di finanziamento viene avanzata, in pochi secondi e grazie alla potenza dei motori di ricerca e dei social media, vengono effettuate indagini allo scopo di scoprire se la persona ha rapporti telematici con cattivi pagatori, soggetti indebitati, o se egli stesso risulta un cattivo pagatore, che ha ricevuto solleciti o nei cui confronti sono state avviate procedure fallimentari o di recupero crediti.
Si tratta di parametri assolutamente ingiusti, utilizzati ad esempio per negare un mutuo a chi ha una persona insolvente tra gli amici del noto social network Facebook o tra i cosiddetti "follower" di Twitter, o a chi di amici ne ha pochi, considerato segno di scarsa affidabilità invece che, magari, sintomo di riservatezza.
L'iniziativa è infatti stata bocciata in quanto ingiusta e discriminatoria dalle associazioni americane per i diritti dei consumatori.
Il caso di LendUp, Lenddo, Neo e Kreditech
Le società di credito sono sempre più agguerrite nelle loro investigazioni telematiche: LendUp di San Francisco associa l'intensa interazione sui social network alla stabilità economica e prima di concedere un prestito controlla tramite algoritmi l'interazione del potenziale cliente sui social, con tanto di verifica del numero di amici su Facebook e dei follower di Twitter.
Neo setaccia invece i contatti di LinkedIn, per valutare se i propri clienti sono in grado di reinserirsi nel mondo del lavoro in caso di licenziamento, esaminando curriculum vitae e contatti.
Lenddo fa adozione del principio della proprietà transitiva, cioè nega prestiti a chi sui social ha amici morosi mentre Kreditech controlla gli account di eBay e Amazon ai fini di valutazioni di solvibilità.
Parametri ingiusti
E' certamente un dato di fatto che le informazioni provenienti da social network come Twitter e Facebook, possano essere vendute a diverse società al fine dell'utilizzo delle stesse per la realizzazione di studi e statistiche in merito alle abitudini dei consumatori.
Ma utilizzare i dati provenienti dai social network per determinare l'affidabilità finanziaria di una persona è una cosa mai sentita e che ha dell'incredibile, un parametro assolutamente ingiusto e che non dovrebbe essere preso in considerazione in quanto non attendibile, data la proliferazione di infiniti casi di finti profili, false identità, dati non corrispondenti al reale che il web propina costantemente.
Finora le probabilità d'insolvenza, sono sempre state calcolate sulla base di fattori come il tipo di impiego lavorativo e di contratto, il capitale disponibile, la frequenza dei pagamenti tramite carta di credito, e si spera che la pratica relativa ai social network sia un trend momentaneo e non prenda piede anche in Italia.
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