Aprire un'attività: business plan e finanziamento d'avvio

Apriamo un'attività e mettiamo in moto la nostra idea. Cosa serve per partire, cosa preparare e come presentare il nostro progetto per avere uno sponsor.

"Se mi viene l'idea giusta apro un'attività tutta mia e smetto di dipendere da qualcuno"

Quante volte abbiamo sentito questa frase pronunciata da amici e parenti stanchi del lavoro dipendente o semplicemente stanchi e avviliti dal non avere un lavoro. In un'epoca migliore questa frase piena di buoni propositi nascondeva qualche insidia ma più di tutto contava la voglia di farcela, la propositività e soprattutto l'idea. L'esistenza di mercati non completamente saturi rendeva possibile ricavarsi, con un pò di marketing di base la propria fetta di mercato. Non servivano particolari strategie complesse, bastava creare un prodotto o un servizio che avesse caratteristiche in linea o poco superiori a quelli esistenti o fosse al di sotto della media ma costasse molto meno.

Differenziazione del prodotto o Leadership di Costo erano e rimangono le pietre fondamentali di ogni idea commerciale. In sostanza o faccio qualcosa di diverso dagli altri o la faccio uguale al mercato ma la produco a costi inferiori. A dire il vero esistono anche strategie inverse che puntano a massimizzare il prezzo inducendo al consumatore a pensare di comprare qualcosa di migliore per il semplice fatto di pagarla di più.

Al di la' del marketing, aprire un'attività non è una cosa così semplice ed improvvisarsi impreditori può spesso generare la perdita del capitale investito ed una odiosa frustrazione. Supponendo di avere sia l'idea che le competenze necessarie per svilupparla, resta da capire chi può darci fiducia al punto da investire nel nostro progetto.

Siamo in sostanza alla ricerca del cosidetto FINANZIAMENTO D'AVVIO cioè quel capitale che ci servirà per partire. 

A cosa serve? A grandi linee ci sono circa 6 capitoli di spesa da affrontare in fase di apertura.

1) Innanzitutto dobbiamo acquisire la licenza o exnovo o da qualcuno che ne è già in possesso. 

2) I locali, lo spazio fisico dove si svolgerà l'attività.  Difficilmente si acquistano gli spazi ma ci si limita ad un contratto di affitto

3) Macchinari, Arredamento e tutti i beni strumentali necessario all'attività

4) Pubblicizzazione dell'attività (sito internet e pubblicità sui media)

5) Tasse per aprire

6) Magazzino o di materie prime o di prodotti finiti in caso di rivendita. Questa voce non è presente ovviamente nel caso di attività di servizi.

Determinata  la somma di queste voci di spesa abbiamo due possibili strade da seguire: la prima è essere in possesso del capitale. E' ovviamente la strada più comoda ma capita di rado a piccoli imprenditori che iniziano. La seconda strada è trovare il finanziamento. Qualsiasi istituto di credito pretenderà prima di erogare l'eventuale finanziamento di capire se la redditività dell'attività è sufficiente a coprire la rata del prestito e se il titolare possiede una situazione patrimoniale che lo possa tutelare in caso di non funzionamento dell'attività.

La parte più complessa di questa opera di "convincimento" dell'istituto di credito è proprio la dimostrazione della capacità di produrre reddito.

L'aspirante imprenditore dovrà costruire un bilancio della sua attività come se avesse già fatto un anno di esercizio basandosi sui dati previsionali. Deve dimostrare cioè che fatte delle solide ipotesi di acquisizione di una quota di mercato di ingresso, il sistema da lui pensato per produrre valore aggiunto è sostenibile. In soldoni deve dimostrare che se le vendite vanno come previsto, il ricavo è in grado di coprire tutti i costi (compresa la rata del finanziamento) ed è in grado di generare utile. 

Questo bilancio verrà accompagnato da tutte la documentazione a sostegno delle ipotesi fatte. Ad esempio se aprirò un negozio per animali completerò la documentazione allegando un'analisi della zona in cui voglio operare, della popolazione presente e soprattutto della concorrenza. Analizzerò quanto distano gli altri negozi simili e quale tipo di clientela puntano. 

Allegherò anche una relazione con il piano marketing dove a grandi linee spiego la mia idea di prodotto e quali azioni promozionali intendo attivare durante l'esercizio. Per ogni azione indicherò il ritorno stimato in vendite e guadagno.

Tutto questo pacchetto di bilancio, relazioni, analisi di fattibilità e piani di sviluppo prende il nome di Business Plan.

La banca effettuerà un'attenta valutazione del tuo business plan verificando se quanto da te ipotizzato corrisponde alla realtà commerciale del settore in cui ti vuoi inserire. Al termine di questa procedurà la banca ti assegnerà un voto correlato al rischio che la tua idea non vada in porto. Il voto indicherà di fatto quanto la tua idea sia verosimile ed il tasso di interesse che ti verrà richiesto per il finanziamento sarà inversamente proporzionale a tale voto.

E' importante sottolineare che la banca pur tutelandosi con le ipoteche, difficilmente rischierà finanziando qualcosa di totalmente strampalato. A volte per non inasprire i rapporti con il cliente, l'istituto di credito non nega il finanziamento ma lo propone con un tasso così svantaggiaso da inibire qualunque iniziativa commerciale del cliente.

Normalmente comunque l'istituto di credito se è in possesso di tutta la documentazione necessaria e se ha un quadro sufficientemente esaustivo dell'attività, nel giro di 1 al massimo 2 mesi, è in grado di deliberare il finanziamento. 

Questo passaggio di valutazione-->delibera è proprio quella parte di meccanismo che si è inceppato con la crisi dei mercati finanziari che stiamo vivendo.

Mentre prepariamo la documentazione per proporre l'attività che magari secondo noi cambierà il mondo, la banca è alle prese con un rompicapo ben più complesso: la redazione del piano di investimento. L'istituto di credito decide con una frequenza di solito semestrale, l'entità dei capitali da dedicare ai vari prodotti finanziari che possono essere mutui casa, mutui surroga, liquidità, partecipazioni in società, mutui per nuove attività, mutui per ampliamenti, etc.

La crisi del mercato finanziario oltre a ridurre le tipologie di offerte degli istituti di credito ha i ridotto i plafond cioè l'entita patrimoniale del fondo da dedicare ad ogni prodotto. Riducendo la disponibilità, chiaramente è stato necessario rendere più rigide le regole di accesso ai finanziamenti. Questo fenomeno di cui si parla nei giornali con i  termini di riduzione del credito o chiusura del credito ha giocoforza colpito tutti coloro che avevano riposto le speranze nella loro idea e nella capacità di produrre reddito. Il credito si è cosi spostato sempre di più verso chi è in grado di fornire garanzie generando una pericolosa spirale che in qualche misura ha protetto solochi aveva già delle protezioni (proprietà libere da ipoteche o attività molto reddittizie già avviate) penalizzando chi, seppur con una brillante idea non aveva garanzie sufficienti da fornire all'istituto di credito. 

Le  logiche di valutazione delle opportunità di investimento adottate dagli istituti di credito, non sono logiche misteriose o dietro le quali si nascondono arcani segreti. L'istituto di credito si muove come qualsiasi altra attività economica verso il binomio BASSI RISCHI- ELEVATA RESA pertanto in un momento storico in cui la circolazione di capitali è cosi ridotta, ovviamente ogni istituto si muove con passi incerti erogando denaro solo a soggetti che hanno una elevata possibilità di restituirlo. Questa scelta prudenziale non è esente comunque da costi per le banche.

Infatti supponiamo di voler aprire un'attività commerciale completamente nuova, mai vista sul mercato italiano ma che ha già dato grandi risultati in altri paesi. Non essendoci un termine di confronto in Italia e non potendo stimare una verosimile risposta del mercato l'istituto di credito prudente rifiuta il finanziamento perchè troppo rischioso.

Il cliente deluso si rivolge ad un istituto meno "prudente" ed ottiene il finanziamento. L'attività parte e funziona molto oltre le previsioni. Funziona talmente tanto che l'imprenditore non solo riesce ad estinguere rapidamente il finanziamento iniziale ma ne chiede di nuovi per avviare altre attività simili e apre nuove linee di credito.

Ovviamente in questo caso la banca prudente non ha rischiato il suo capitale ma ha perso una significativa opportunità di guadagno.

Pertanto senza condannare nessuno dei due atteggiamenti è ovvio che l'attività di marketing del neoimprenditore inizia da molto prima della apertura della sua attività. Possiamo con buona convinzione affermare che la prima vera e propria azione di marketing è la richiesta del finanziamento d'avvio.

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Salvatore Amandorla
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